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Ci sono anche altre ragioni che ci motivano nel rispondere alla crisi climatica: prevenire la diffusione di virus letali per l’umanità e proteggere la sicurezza della generazione presente e di quelle future.

Junghee Min

Segretario generale, Rete internazionale per il clima e l’ecologia – Seul

Il Covid-19 ci sta ponendo di fronte a sfide senza precedenti. E si discute sull’impatto significativo che il cambiamento climatico ha sullo sviluppo di virus infettivi come il ‘corona’.

A metà febbraio, Sonia Shah, giornalista scientifica americana e autrice di Pandemic, fece questa dichiarazione a un settimanale, Nation, e in un’intervista al giornale indipendente Democracy Now.[i] Secondo la giornalista, quasi tutti i virus, compreso il Covid-19, nel mondo naturale erano parassiti. Il cambiamento climatico distrugge gli ecosistemi, provocando l’avvicinamento alle abitazioni umane degli animali selvatici che hanno perduto il loro habitat. Sono aumentate perciò le possibilità di contatto con gli esseri umani. Può accadere che il virus in natura entri nel corpo umano.

 

Quello che non era pericoloso nel corpo di un animale selvatico, una volta entrato nell’uomo diviene un virus mortale perché deve adattarsi a un nuovo ambiente. Con il tempo, i virus si sono evoluti. Se il corpo umano che li ospita muore, i virus non possono sopravvivere; perciò si evolvono in virus non così letali come prima. È quanto succede anche con il Covid-19, che ha un basso tasso di mortalità a confronto con il tasso altissimo di infezione.

Sha ha affermato che negli ultimi 50 anni l’uomo ha scoperto più di 300 virus, compreso il Covid-19, di cui il 60% proviene da animali; il 70% dei virus animali provengono da animali selvatici. In un suo libro, “Armi, acciaio e malattie, Jared Diamond disse che i virus animali entrarono nel corpo umano quando gli esseri umani iniziarono l’allevamento del bestiame. La tubercolosi, il morbillo e il vaiolo sono virus dei bovini, la pertosse dai maiali e l’influenza delle anatre.

Quando le potenze occidentali colonizzarono gli altri continenti, il virus da loro portato ebbe un effetto devastante sull’ecosistema locale e i suoi abitanti. Il morbillo e il vaiolo fecero il loro ingresso nelle Americhe con gli europei e uccisero la maggior parte della popolazione nativa. Nel 1817, la Compagnia inglese delle Indie orientali cacciò migliaia di persone nella foresta di mangrovie di Sundarbans, in Bangladesh (ormai territorio indiano) per deforestare l’area e coltivarvi il riso. Fu allora che i batteri dell’acqua si spostarono nelle persone. Ecco come iniziò il colera.

 

La deforestazione, l’urbanizzazione e l’utilizzo di animali selvatici come cibo prelibato motivati dalla crescita della popolazione sono altre cause dei virus. Uno studio del 2017 ha scoperto che il virus ‘ebola’ è associato con i pipistrelli ed è più probabile che si verifichi nell’Africa centrale e occidentale, dove la deforestazione è recente. Inoltre, c’è una probabilità superiore al doppio che le zanzare veicolanti malattie infettive all’uomo siano presenti nelle aree deforestate. Il virus HIV è associato con la consuetudine di mangiare animali selvatici. All’inizio degli Anni Venti del secolo scorso, il virus HIV si diffuse quando i belgi iniziarono ad assommare piantagioni in larga scala, ferrovie e urbanizzazione a Kinshasa, la capitale del Congo.

Lo scorso maggio, la Piattaforma intergovernativa Scienza e Politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES) pubblicò un rapporto che metteva in evidenza che circa un milione di 8 milioni di specie sono in via di estinzione e che il cambiamento climatico è la causa principale. In più, si diceva che dal 2000 ogni anno, in tutto il mondo, sono scomparsi circa sei milioni di ettari di foreste. Stando al rapporto, se le emissioni di gas serra non vengono ridotte drasticamente e se la temperatura media globale sale al di sopra di 1.5 °C rispetto ai livelli precedenti la rivoluzione industriale, può svilupparsi un virus più contagioso del ‘corona’, incutendo nell’umanità una paura più grande di quella attuale.

Ci sono anche altre ragioni che ci motivano nel rispondere alla crisi climatica: prevenire la diffusione di virus letali per l’umanità e proteggere la sicurezza della generazione presente e di quelle future.

[1] https://www.thenation.com/article/environment/coronavirus-habitat-loss/; https://www.democracynow.org/2020/2/27/climate_crisis_coronavirus_infections_disease_outbreaks