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Lettera del Ministro Generale per la VI giornata mondiale dei Poveri

Domenica XXXIII Tempo ordinario – 13 novembre 2022

Cari Fratelli,

il Signore vi dia pace!

Premessa

Torna la Giornata Mondiale dei Poveri, la sesta voluta da Papa Francesco e desidero rimettere alla nostra attenzione il Messaggio che il Papa ha scritto per l’occasione il 13 giugno scorso nella festa di Sant’Antonio di Padova, fratello e amico dei poveri. L’invito è a leggerlo personalmente e in fraternità, con i nostri laici e collaboratori, «per fare un esame di coscienza personale e comunitario e domandarci se la povertà di Gesù Cristo è la nostra fedele compagna di vita» (Messaggio n. 10).

Una chiave d’accesso: il Centenario Francescano

Ci prepariamo, infatti, ad aprire il Centenario Francescano del 2023-2026 e Papa Francesco, nell’Udienza che il 31 ottobre scorso ha aperto le porte della sua Casa a 300 rappresentanti della Famiglia Francescana, ha detto con molta chiarezza che «il prossimo Centenario francescano sarà una ricorrenza non rituale, se saprà declinare insieme l’imitazione di Cristo e l’amore per i poveri». Una parola fulminante che ci mette in guardia da celebrazioni solo commemorative e, se non siamo vigilanti, troppo autocelebrative. Sottolineo qualche elemento per il prossimo Centenario della Regola a Fonte Colombo e del Natale di Greccio (1223-2023).

Francesco nella Regola bollata dice: «I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa. E come pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo al Signore in povertà̀ ed umiltà̀, vadano per l’elemosina con fiducia. Né devono vergognarsi, perché́ il Signore si è fatto povero per noi in questo mondo» (cap. VI, 1-3). E nella Regola non bollata incalza: «E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada» (cap. IX, 2)

Dinanzi a queste parole della Regola, midollo del Vangelo, mi chiedo con voi:

–    come risuonano oggi in noi e cosa muovono nella memoria della nostra vocazione? Che significa per me e per noi oggi “non appropriarsi di nulla”?

–    Quale esperienza ne abbiamo e al contempo quanta distanza avvertiamo da esse?

–    Siamo attenti a conoscere le condizioni degli scarti della società di oggi? Abbiamo fatto qualche passo verso dei poveri concreti, per condividere con loro tempo, energie, vicinanza?

Il 29 novembre 1223 Onorio III approva finalmente la Regola e meno di un mese dopo Francesco sale a Greccio per celebrare un Natale molto particolare. Vuole vedere con i suoi occhi la povertà nella quale il Signore Gesù volle nascere e nella quale viene sempre a noi «sotto poca apparenza di pane» (Lord II, 27) nell’Eucaristia e nella persona dei poveri. Francesco sa che «Gesù Cristo […] si è fatto povero per voi» (2Cor 8,9), cioè piccolo e “minore” per noi.

Fare verità nel nostro stile di vita

Nella luce dell’Incarnazione, la Giornata Mondiale dei Poveri ci provoca ancora per verificare il nostro stile di vita come fratelli e minori: le Costituzioni ci dicono che «nell’uso del vestiario e delle calzature i frati facciano attenzione alla povertà e all’umiltà, ed evitino tutto ciò che ha l’apparenza di vanità» (48 §2), come dice la Regola[1]. Vivere di apparenze non paga, una vita unificata e vera sì.

Le Costituzioni aggiungono: «ricordando che l’altissima povertà deriva da Cristo e dalla sua Madre poverella e, memori delle parole del Vangelo: “Va, vendi quello che hai e dallo ai poveri”, si studino di avere sorte in comune con i poveri” (8 §2), «e che tutto questo manifestino chiaramente, in modo sia individuale che comune, nonché con forme nuove» (CG 8 §3), imparando a condividere i beni che ci sono affidati in uso a beneficio dei poveri (cfr. CG 72 §3). 

La povertà non è un’ideologia! Ha il volto dei poveri e per noi quello dei minori: testimonio che ci sono nell’Ordine fratelli e fraternità che incontrano i poveri e imparano a diventare minori. Nello stesso tempo, riconosciamo con umiltà che ne siamo anche lontani, tanto da diventare spesso irriconoscibili come fratelli e minori. Cerchiamo spesso come essere significativi in questo tempo: certamente l’ascolto del Vangelo e l’incontro con il Signore Gesù sono al centro. Qual è la via? Una spiritualità incarnata che ci accompagni a colmare la distanza dai poveri – e quanti sono e quanti ne genera oggi il sistema economico e anche la guerra – nostri maestri; non abbiamo paura di incontrarli e lasciamoci avvicinare; ascoltiamoli con sincera carità e rispetto, imparando volentieri anche da loro, come da tutti (cfr. CG 93). «I poveri sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità» (Messaggio n. 8). Non è l’esperienza di san Francesco? Dal lebbroso a San Damiano.

Mi chiedo con voi:

–    Avvertiamo un legame tra il “sostare” nella contemplazione, nella preghiera e poi nell’andare avanti, camminare nella testimonianza di Cristo? 

–    Possiamo “fare molte cose” per i poveri e difendere i loro diritti, senza rimboccarci le maniche e coinvolgerci direttamente con loro da minori, superare l’indifferenza nei confronti dei poveri e mettere in discussione come noi viviamo (cfr. Messaggio n.8)? 

–    Possiamo provare a rivedere stili di vita che ormai diamo per scontati o inevitabili per le presunte necessità di vario tipo e che ci rendono “maggiori” più che “minori”? Ci misuriamo sul tenore di vita delle persone là dove viviamo, specie in questo tempo di crisi economica diffusa? Come vigilare insieme sullo stile dei nostri edifici, sui mezzi che usiamo, sulla facilità di accesso a certi beni e garanzie, sulla pretesa che spesso c’è tra noi che non manchi nulla, sui dipendenti nelle nostre case, sul lavoro – non solo pastorale – per tutti i frati come ordinario mezzo di sostentamento? 

–    Che rapporto abbiamo con il denaro? Ci abbaglia? Ne dipendiamo? Lo tratteniamo per noi? Cerchiamo di imparare ancora ad affidarci alla Provvidenza e a restituire i beni ai poveri?

Vi consegno con trepidazione queste domande, che sento anzitutto rivolte a me e che so non essere facili. Non è un esame al quale rispondere. È una memoria della nostra forma di vita, è una parola per scuoterci da una certa rassegnata rilassatezza e accidia, è richiamo alla bellezza della nostra vita che, ne sono certo, almeno una volta ha afferrato e acceso ciascuno di noi. Ebbene, è ancora possibile, anche in questo tempo, vivere come fratelli e minori, osiamo di più! 

Un gesto di minorità

Come l’anno scorso chiedo a ciascuno, almeno con un altro fratello o più d’uno di fare un gesto di minorità, di affidamento alla Provvidenza, di servizio e condivisione con i poveri. Sarà la migliore preparazione al Centenario della Regola e del Natale di Greccio. Chiediamo insieme, con incessante invocazione dello Spirito del Signore, ministro generale dell’Ordine, di soffiare con potenza per riaccendere oggi tra noi la fiamma del carisma, afferrati ancora da Cristo, toccati dalla vita di molti, capaci di cura reciproca tra noi fratelli. Chi vuole, mi racconti per favore il gesto compiuto, per iscritto (mingen@ofm.org). Sarà una testimonianza, una circolazione di beni che farò conoscere.

Cari fratelli, rendiamoci degni della benedizione dei piccoli e degli umili e da minori diventeremo a nostra volta benedizione per molti. Santa Maria, la Madre poverella della nostra fraternità ci custodisca fedeli all’ascolto del Vangelo e San Francesco ci accompagni in questo cammino.

Con il mio fraterno e affettuoso saluto.

Fr. Massimo Fusarelli, ofm

Ministro Generale e Servo

Prot. 111742